2 Giugno: la Repubblica che abbiamo scelto, e quella che stiamo lasciando andare

Il 2 Giugno 1946 è stato uno dei pochi momenti in cui un popolo intero ha avuto l'occasione di scegliere. Non subire, non adattarsi, non limitarsi a votare: scegliere. Tra monarchia e repubblica, tra una storia da chiudere e un futuro ancora tutto da immaginare.
In quei giorni non si decideva solo una forma di Stato: si provava a disegnare un nuovo modo di convivere, di essere cittadini, di appartenere a qualcosa che non fosse più imposto.
La Repubblica non è nata per durare. È nata per essere costruita ogni giorno
Ogni 2 Giugno celebriamo quella scelta come se fosse un punto d'arrivo. Ma una Repubblica non si fonda in un giorno, e non sopravvive solo perché esiste formalmente.
È una creatura viva: fatta di parole che devono diventare leggi coerenti, di istituzioni che devono meritarsi la fiducia, di cittadini che devono agire, discutere, indignarsi, partecipare.
E invece?
Oggi sembriamo più preoccupati di come saltare una fila che di votare con coscienza. Più pronti a ricondividere un post su Instagram che a leggere tre righe della Costituzione. Più rapidi nel criticare le istituzioni che nel difendere i diritti fondamentali quando vengono erosi.
Una Repubblica in crisi non per colpa dei suoi nemici, ma dei suoi spettatori
Il problema non è chi attacca lo Stato. Il problema è chi si volta dall'altra parte.
Ogni volta che lasciamo passare un sopruso, un disegno di legge contrario ai valori costituzionali, un linguaggio d'odio travestito da "libertà di opinione", ci comportiamo come se la Repubblica fosse una cosa d'altri. Come se non ci riguardasse.
Ma non è vero.
Il 2 Giugno ci ricorda che, una volta, ci siamo assunti una responsabilità. E che, oggi, quella stessa responsabilità ci imbarazza. Perché implica un dovere: esserci.
🎯 Conclusione
Non serve appendere una bandiera se poi restiamo fermi davanti a tutto ciò che la svuota.
La Repubblica non ha bisogno di rituali, ma di presenza reale. Non di parole retoriche, ma di scelte quotidiane: a scuola, al lavoro, nel voto, nei rapporti umani.
Il vero 2 Giugno non è quello delle cerimonie, ma quello che si misura quando nessuno guarda: in ciò che scegliamo di tollerare e in ciò che decidiamo di cambiare.
Perché non è vero che una Repubblica dura per sempre.
Dura finché ci crediamo abbastanza da meritarla.