I Tacchini ascoltavano attenti. Poi venne il Natale - L’infanzia fragile e la forza dei ricordi nei racconti di Giovanni Barbieri

Ci sono libri che non raccontano solo storie. Raccontano ferite. Raccontano quello che succede dentro, quando la vita fuori si fa troppo stretta. I Tacchini ascoltavano attenti. Poi venne il Natale di Giovanni Barbieri e pubblicato dal Gruppo Editoriale WritersEditor è questo: una raccolta che non segue una trama, ma un battito. Quello del cuore che prova a restare vivo anche quando tutto intorno crolla.
Barbieri scrive come si ricorda nei giorni difficili. A frammenti. Con la voce incrinata. Con pudore, a volte. Con furia, altre. Le sue pagine sono fatte di passato e presente che si confondono, di vite ordinarie che svelano squarci di vertigine. C'è l'infanzia che graffia, c'è l'adolescenza che sbaglia, c'è l'età adulta che fatica, c'è la vecchiaia che osserva. E in mezzo, un'umanità che barcolla ma non si spegne.
I suoi personaggi non sono eroi. Sono quelli che incontriamo ogni giorno, senza sapere davvero chi sono: un bambino arrabbiato, un padre stanco, una donna elegante, un senzatetto con gli occhi lucidi. Sono voci che non si gridano addosso, ma che si portano dentro il peso di domande enormi: chi ero? chi sono diventato? qualcuno si è accorto di me?
Barbieri non fa letteratura da vetrina. Fa letteratura da cantina. Da intercapedine emotiva. Entra nelle crepe, si siede nella polvere, ascolta. E poi scrive. Senza fingere redenzioni, senza distribuire colpe, senza cercare facili verità. Ma con un'empatia che disarma.
🎯 Conclusione
Leggere Barbieri significa entrare in un territorio dove la narrazione non si limita a raccontare, ma diventa indagine dell'animo. I suoi personaggi, immersi in vite comuni e spesso anonime, portano dentro di sé una lotta silenziosa tra ciò che sono stati e ciò che avrebbero voluto essere. È qui che si gioca tutto: nei gesti mancati, nei pensieri che tornano, nei luoghi in cui l'amore non è stato detto abbastanza. Il Calamaio sceglie di raccontare storie come questa perché crede che l'esperienza personale, anche la più umile o tormentata, possa rivelare uno sguardo più ampio su ciò che siamo. La letteratura, quando è autentica, non consola: costringe a guardare. E nei racconti di Barbieri, quel che si vede è spesso scomodo, ma profondamente vero.