Il cantico della Morte: la poetica tragica di Federico García Lorca

28.05.2025

La Morte come compagna del poeta, nella voce lirica di un'anima dolente.

L'incontro con la Morte nella storia letteraria

Non sono pochi gli autori che, attraverso i loro personaggi, hanno tentato un dialogo diretto con la Morte. Da Goethe a Schiller, la morte ha assunto connotazioni elevate, poetiche, quasi elegiache. Ma con Federico García Lorca essa diventa protagonista. Un'entità concreta, parte dell'esistenza, compagna ineluttabile dell'uomo.

Lorca: l'uomo che visse da morto

Federico García Lorca ha infranto il tabù. Nelle sue opere, la Morte è bellezza, verità, liberazione. Come scrisse Carlo Bo: "La sofferenza è la chiave di volta di tutto l'edificio torchiano". Lorca canta la morte, la invita sul palcoscenico, la vive nella carne dei suoi personaggi. La sua voce, come lava, annienta le coscienze e squarcia l'illusione della vita come assoluto.

Surrealismo, cante jondo e poesia del popolo

In Poema del cante jondo, Lorca affonda le radici nella tradizione popolare. La chitarra flamenca, i paesaggi gitani, l'odore del sangue nell'arena: tutto confluisce in una poesia che è carne viva. Il surrealismo è presente, ma filtrato da un realismo tragico che lo rende accessibile, vissuto, potente. La parola non è solo estetica: è veicolo di verità.

Vita e Morte: un binomio inscindibile

Amore e Morte, in Lorca, non si escludono. Si fondono. Sono gli assi portanti dell'esistenza. L'amore come tensione e dolore, la morte come compimento. Il suo percorso di artista è costellato da questi poli, e la sua stessa fine – violenta, ingiusta – sembra la naturale conclusione di un'esistenza votata al sacrificio poetico.

La morte come canto e resistenza

L'arte di Lorca è testimonianza. È voce di un popolo. È carne esposta alla crudeltà del potere. La morte non lo ha reso vittima: lo ha reso eterno. "Se la morte è morte, che ne sarà dei poeti?", si chiedeva. Lorca ha risposto: il poeta vive finché canta la verità della morte, finché illumina con parole il buio dell'essere.

🔚 Conclusione 

Serve anche saper abitare ciò che si guarda, domandarsi cosa ci viene mostrato, quali verità scomode o rivelazioni inattese si celano dietro un volto, un verso, un'immagine.

Federico García Lorca non ci ha lasciato soltanto una raccolta di poesie da ammirare con distacco: ci ha consegnato un codice, un linguaggio per esplorare il dolore, l'amore e soprattutto la morte, come parte fondante della vita. La sua opera è un invito a riconoscere che la Morte – tanto temuta quanto rimossa – è anche un luogo fertile della coscienza, un varco attraverso cui accedere a qualcosa di più profondo.

In questa prospettiva, la Morte non è solo fine, ma forma simbolica, poetica, politica. È il riflesso di una società che non sa guardare negli occhi le proprie contraddizioni. Ed è forse proprio per questo che Lorca ne ha fatto una compagna: per trasformare la paura in parola, il silenzio in canto, il buio in verità.

Perché la poesia, quella vera, non consola. Scuote. Risveglia. Svela.
E Lorca ha saputo farlo con un'intensità che continua a bruciare.

Pietro Seddio.

Note 1*: Carlo Bo, Poesie di F. Garcia Lorca, Ed. Guanda 2*: F. Garcia Lorca, Poesie, Il canto jonde, Ed. Guanda 3*: F. Garcia Lorca, Op.Cit. 4*: Elena Clementelli, Teatro di F. G. Lorca, Ed. N. Compton 5*: F. Garcia Lorca, Op. Cit.