Il Papa che legge poesia: Leone XIV e la forza culturale del Novecento

08.05.2025

Con l'elezione di Leone XIV, il 267º pontefice della Chiesa cattolica, il mondo ha assistito a una svolta storica: per la prima volta, un Papa statunitense siede sul trono di Pietro. Il cardinale Robert Francis Prevost, nato a Chicago nel 1955, ha scelto di assumere il nome pontificale di Leone XIV, evocando forza, riforma e autorità spirituale.

Già missionario in Perù e prefetto del Dicastero per i Vescovi, Leone XIV porta con sé un bagaglio culturale ricco: origini italo-franco-spagnole, anni vissuti in America Latina e una sensibilità maturata tra le periferie del mondo e i palazzi vaticani.

"Pace, giustizia, ascolto"
Nel suo primo discorso da Papa, pronunciato subito dopo l'"Habemus Papam", ha detto:

"Chiedo al mondo di non abituarsi alla guerra. Di non abituarsi all'ingiustizia. Di non dimenticare la forza dell'ascolto."

Parole semplici ma potenti, in continuità con il pontificato di Francesco, ma con un timbro tutto suo: più diretto, più radicato nel lessico della diplomazia, quasi da "pontefice mediatore" tra mondi diversi.

Simboli che parlano:
Non ha indossato la mozzetta rossa. Ha scelto una croce pettorale semplice e ha salutato con un "Fratelli e sorelle, pace a voi" in cinque lingue. I commentatori hanno già definito questo stile come un "minimalismo carismatico", dove ogni gesto sembra pesato ma non studiato.

Aneddoti che rivelano molto:
Durante una visita privata, non ancora da Papa, al monastero di Bose, pare abbia chiesto una stanza "senza specchi", dicendo: "In certi momenti, bisogna solo guardare fuori, non dentro." Un dettaglio che oggi acquista una luce nuova.

Una curiosità che incuriosisce:
Ama la poesia spagnola del '900, in particolare La rosa profunda di Jorge Guillén. Ne ha citato un verso durante una conferenza a Lima:

"Hay claridad aún en la sombra."
Un invito a cercare luce, anche nel dubbio. Non a caso, ha definito la cultura come "il primo dialogo che precede ogni religione".

Conclusione:
Leone XIV ha iniziato il suo pontificato non con gesti eclatanti, ma con scelte culturali, linguistiche, simboliche. Parla al mondo con l'umiltà di chi conosce il peso delle parole e la fragilità del tempo che viviamo. Il Papa americano è arrivato, ma non parla da leader: parla da uomo. E forse è proprio questo il tratto più rivoluzionario.