Cosa resta della TV culturale?

26.05.2025

Nel tempo in cui la cultura viaggia veloce sugli schermi degli smartphone, e le piattaforme digitali ci suggeriscono cosa guardare prima ancora di sapere cosa vogliamo, la televisione culturale sopravvive. Non scompare, ma cambia volto. E nel 2025, sorprendentemente, non è ancora un relitto del passato.

Cosa intendiamo, oggi, per "TV culturale"? È quella programmazione che non si limita a intrattenere, ma cerca di proporre contenuti in grado di istruire, stimolare, interrogare. La Rai, pur tra mille contraddizioni, continua a custodirne il testimone con i suoi canali tematici – Rai Cultura, Rai Storia, Rai 5 – offrendo spazi come Passato e Presente, Zettel – Filosofia in movimento, Save the Date.

Eppure, il pubblico è cambiato. Non più spettatori passivi, ma utenti in fuga, abituati all'on demand, ai podcast, ai video da 90 secondi. In questo scenario, la TV lineare sembra perdere terreno. E invece no.

Nel 2024, l'ascolto della TV tradizionale ha registrato un lieve aumento. Un dato piccolo, ma simbolico. Come se una parte del pubblico – stanca dell'algoritmo – cercasse ancora qualcosa di guidato, una narrazione che si prende il tempo di raccontare, senza rincorrere la viralità.

Anche eventi come la diretta dell'inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala su Rai 1 continuano a dimostrare che la cultura, se ben proposta, sa ancora catalizzare l'attenzione collettiva. Un rito condiviso, in un mondo frammentato.

Ma il vero cambiamento è avvenuto altrove: sul web. Le versioni digitali di Rai Cultura, le dirette streaming, i contenuti in differita disponibili su RaiPlay hanno portato la programmazione culturale fuori dalla gabbia del palinsesto. Ora, la cultura si sceglie. E questo, per certi versi, la rende più viva.

Tuttavia, resta una sfida aperta: trasformare la cultura in linguaggio accessibile, senza svilirla. Perché il rischio, oggi più che mai, è che la TV culturale resti prigioniera di una nicchia colta e autoreferenziale, incapace di rinnovare davvero il suo linguaggio.

🎯 Conclusione

La televisione culturale non scompare: cambia forma, si ritrae, a volte si reinventa. Ma resta, sotto traccia, come un esercizio di resistenza.
In un tempo che semplifica tutto, ciò che resta davvero culturale non è ciò che si mostra, ma ciò che continua a chiedere domande anche dopo che lo sguardo si è spostato altrove.

Perché comprendere non è mai stato questione di formato, ma di profondità.