Libri in meno, cultura in più? Il paradosso dell’editoria contemporanea

Libri in meno, cultura in più?
Nei primi mesi del 2025, l'AIE ha registrato un calo del 3,6% nelle vendite di libri rispetto al 2024. Quasi un milione di copie in meno, 15 milioni di euro persi. Eppure, nello stesso periodo, le pubblicazioni continuano ad aumentare: ogni giorno arrivano nuovi titoli in libreria, nuovi autori, nuove copertine.
Il paradosso è evidente: più libri vengono scritti, meno vengono letti.
Perché succede? E cosa dice questo cortocircuito sulla nostra cultura?
L'accesso è diventato espressione
Con il digitale, autopubblicare è diventato semplice. Tantissimi scrivono, tanti stampano, qualcuno vende. Ma scrivere non è più legato alla lettura, è legato all'espressione.
Molti autori autopubblicano senza mai leggere altri libri. Molti lettori, invece, preferiscono una "dieta culturale" breve, rapida, visiva.
Nel frattempo, le librerie si riempiono di libri che restano sugli scaffali, mentre i pochi titoli promossi dagli algoritmi dominano il mercato.
Il libro come contenuto, non come oggetto
Viviamo un'epoca in cui il libro è diventato contenuto, non più esperienza.
Un reel che racconta la trama, una citazione su Instagram, una recensione flash bastano per "assorbire" un libro, senza averlo aperto.
Non è un tradimento della lettura.
È un cambio di paradigma.
📚 Conclusione culturale
Il Calamaio osserva questo fenomeno con lucidità: la quantità non è più indice di cultura.
Forse il vero valore del libro, oggi, non è più nella sua diffusione, ma nella sua capacità di resistere all'immediatezza.
Un libro letto con lentezza, desiderato, custodito: ecco dove può ancora nascere la cultura.
Non nei numeri. Ma nella profondità.