Referendum 2025: l’Italia che non vota

L'8 e 9 giugno gli italiani sono stati chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari, tra cui il più discusso: quello sulla cittadinanza agli stranieri nati in Italia. Eppure, ancora una volta, l'astensione ha vinto. L'affluenza si è fermata a poco più del 22%. Un risultato che ha reso tutti i referendum nulli per mancato raggiungimento del quorum (50%+1 degli aventi diritto).
📉 La fine del referendum?
Negli ultimi dieci anni, quasi tutti i referendum abrogativi hanno fallito. Stavolta il disinteresse è stato trasversale, nonostante la campagna di alcuni partiti e l'impegno delle associazioni civiche. Il governo ha scelto la linea del silenzio: niente promozione, nessuna informazione capillare. E i cittadini hanno risposto con un'altra forma di silenzio: non presentandosi.
🎭 Quando il disinteresse è culturale
A colpire non è solo il dato numerico, ma il suo significato culturale. In un'epoca in cui siamo iperconnessi, il voto – gesto minimo di democrazia – diventa marginale, quasi estraneo.
È come se la partecipazione civile fosse stata relegata a una voce fuori campo, come accade nei racconti di Calvino: c'è, ma non la vediamo più.
L'Italia che non vota è anche l'Italia che non si riconosce nelle sue forme di rappresentanza. Una crisi di fiducia che non nasce oggi, ma che oggi esplode con chiarezza.
🧩 Diritti senza voce
Tra i quesiti c'era anche quello sullo ius soli, il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri. Un tema che tocca centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze, italiani nei fatti, ma non nei documenti.
Eppure, nemmeno questo è bastato a smuovere la coscienza collettiva.
Nel suo romanzo Vita, Melania G. Mazzucco racconta l'emigrazione italiana negli Stati Uniti. Oggi, il percorso sembra rovesciato: a essere invisibili sono gli italiani di domani, che restano ai margini di un sistema incapace di includerli.
🎯 Conclusione
Il Calamaio vuole essere uno spazio di riflessione, dove i numeri non sono solo statistiche, ma segnali culturali.
Il fallimento del referendum 2025 non riguarda soltanto la politica: riguarda un'intera idea di cittadinanza, di appartenenza, di voce.
Perché non basta essere convocati alle urne per sentirsi parte di una comunità.
Serve molto di più: una cultura della partecipazione che non si improvvisa, ma si coltiva.
E forse è da qui che dovremmo ripartire.