TikTok e la poesia istantanea: è cultura o solo algoritmo?

Scorri, ascolti, ti emozioni per un attimo, poi passi oltre.
È la dinamica tipica di TikTok e dei contenuti brevi.
E da qualche anno, anche la poesia ha trovato una nuova forma lì dentro: testi di pochi versi, recitati con voce suadente, accompagnati da musica soft e immagini evocative.
Centinaia di migliaia di visualizzazioni.
Ma quanta poesia resta davvero, quando la parola si consuma in 15 secondi?
✒️ L'immediatezza come illusione poetica
La poesia ha sempre giocato con il breve.
Un verso è spesso più incisivo di una pagina.
Ma nella tradizione poetica, la brevità è densità, non scorciatoia.
Oggi, invece, molti dei testi virali sui social sono costruiti per piacere: rassicuranti, facilmente identificabili, perfettamente algoritmabili.
Frasi che sembrano profonde, ma che raramente scavano.
🧠 Il pericolo della replica
L'algoritmo premia ciò che funziona.
E ciò che funziona viene replicato.
Così nascono intere catene di contenuti poetici quasi indistinguibili: stessa struttura, stesso tono, stessa emozione generica.
Non è un'evoluzione della poesia. È un suo svuotamento.
E questo riguarda non solo chi scrive, ma anche chi legge o ascolta: ci abituiamo a una parola emotiva ma piatta, che non ci chiede niente in cambio.
📚 La poesia non è uno slogan
Una poesia può essere breve, ma non è uno slogan.
Può essere semplice, ma non è semplificata.
La vera poesia, anche quella che dura pochi secondi, lascia una traccia dentro.
Non scorre via, rimane.
E oggi più che mai, in un mondo che pretende tutto e subito, è necessario difendere questa resistenza silenziosa.
✍️ Il Calamaio: sguardo critico, non reattivo
Nel nostro piccolo, Il Calamaio vuole essere uno spazio dove anche la poesia viene ascoltata davvero.
Non basta emozionare per pochi secondi: serve dire qualcosa che meriti di essere ricordato.
E forse è proprio nel resistere alla fretta che la poesia, ancora una volta, può ritrovare il suo posto.