Ultimi di Massimo D’Aquino: la letteratura che dà voce a chi non ne ha

Nessun nome. Nessuna lingua. Nessuna origine riconosciuta.
Con Ultimi, ancora edito dal Gruppo Editoriale WritersEditor, Massimo D'Aquino firma un romanzo che non è solo finzione: è un grido narrativo, una presa di posizione civile e umana in favore di chi, nella nostra società, continua a essere ignorato.
Già autore di Afghanistan ( il Gruppo Editoriale WritersEditor), D'Aquino torna con una narrazione che scava nei luoghi più dimenticati dell'umanità. Ultimi è una raccolta di storie, volti e silenzi, che si fanno parola scritta per affermare l'esistenza di chi viene costantemente messo ai margini. Migranti, senza fissa dimora, fragilità psichiche, vite rotte: ognuno dei protagonisti incarna un "ultimo" che resiste, che lotta, che spera.
Ma questo libro non chiede pietà: chiede ascolto.
Lo stile è asciutto, a tratti spigoloso, proprio per non edulcorare. Perché la sofferenza non ha bisogno di abbellimenti, ma di verità. E la verità, in Ultimi, si fa voce e carne, attraversando l'indifferenza del lettore e lasciando il segno.
Tra le storie che compongono questo mosaico narrativo, emerge quella di Patrick Sukuromo, nato in un campo profughi tra Congo e Uganda.
Cresciuto nella miseria e nella violenza, costretto a lavorare in miniera da bambino, Patrick sogna una via di fuga. Ma il suo viaggio verso la salvezza si trasforma in un'odissea ancora più feroce: la prigionia, la clandestinità, la disumanità delle frontiere, fino all'imbarco su una nave dove lo attende una verità devastante – l'eco di un genocidio che il mondo ha smesso di vedere, ma che continua a uccidere.
La storia di Patrick è solo una delle voci che compongono Ultimi, romanzo corale che dà corpo a chi resta fuori: fuori dalla società, fuori dalla cronaca, fuori dalla memoria collettiva.
Non si tratta di cronaca romanzata, né di moralismo.
La scrittura è asciutta, quasi ruvida. Ogni parola è scelta per non indulgere. D'Aquino non vuole commuovere: vuole risvegliare.
Ultimi è un'opera che si inserisce in quella letteratura necessaria: quella che non ha paura di esporsi, di denunciare, di restituire dignità attraverso la parola. È una lettura che tocca nel profondo e che costringe a guardare, senza filtri, ciò che spesso preferiamo ignorare.
🎯 Conclusione
Ultimi non è un libro da leggere: è un libro da sostenere. Perché chi racconta gli invisibili ci obbliga a riconoscere che il margine non è mai davvero lontano da noi. È dentro le nostre città, le nostre paure, le nostre scelte quotidiane. E la letteratura, quando non consola, può ancora servire a questo: a non lasciarli soli.